3 domande 3 a Gianmarco Pozzoli

Ricercatissimo caratterista, proveniente dalle esperienze “Zelighiane”, Gianmarco Pozzoli è nel cast di “Un passo dal Cielo” (1 e 2) nella parte del poliziotto Huber ed in quello di “Talent High School” nella parte dell’eccentrico prof. De Blasi.
Pertanto si è ritrovato a lavorare negli ultimi mesi con Alice e Francesco Salvi (rispettivamente Miriam e Roccia in UPDC e Sofia e Sirio in THS).
Per questo mi è venuto di fargli una microintervista e nonostante i suoi impegni, tra un volo e l’altro si è gentilmente prestato a rispondere… ecco le domande … e le sue risposte!

1) In Talent High Schol interpreta la parte del prof. De Blasi. Ce lo può descrivere?

G.P. Il prof. De Blasi e’ capace, dolce, matto come un bambino ed ha le camice più brutte della terra, ma questo dimostra il suo gran Cuore, perchè pur di non lasciarle vittima della polvere sugli scaffali di una Camiceria, se le porta a casa…

2) Qual’è il rapporto tra De Blasi e Sofia/Allegra?

G.P. Il rapporto con Allegra è di stima e simpatia.
Come ogni professore, anche lui ama la piu talentuosa della classe … e la più tartassata dalla viziata della scuola (N.d.r. Sofia è tartassata da Marion).

3) Come si è trovato a lavorare con Alice? C’è qualche aneddoto da raccontare?

G.P.  Con Alice mi sono subito trovato molto bene, e sono stato felice di incontrarla di nuovo sul set di “A un passo dal cielo 2.”
Un aneddoto in particolare non lo ricordo, ma posso dire che ci siamo fatti un sacco di risate, con lei e con gli altri ragazzi.
E’ veramente un bel Gruppo!!


Studiate!
Con affetto e follia,
professor De Blasi

6 thoughts on “3 domande 3 a Gianmarco Pozzoli

  1. Non essendo una telespettatrice di Zelig, ho conosciuto questo attore solo attraverso le repliche di “Un passo dal cielo”, nel personaggio di Huber è molto divertente e simpatico.. e questo personaggio del Professor De Blasi in “Talent High School” promette di essere simpaticamente “folle”..
    Grazie ad Ale x questi approfondimenti e grazie alla disponibilità di Gianmarco Pozzoli!

  2. Sì, ricordo di averlo incocciato nelle vesti di comico (extra fiction), anche se adesso non lo rimembro vividamente.
    Bene, curioso di vederlo qui e in “un passo dal cielo II”.

    Tra l’altro la compresenza, nei 2 prodotti, di Alice, Francesco Salvi e il sopracitato Gianmarco non poteva che balzare (-mi) all’occhio.
    Tanto più perché entrambe produzioni LuxVide.

    Ecco che mi son richiesto quanto, oltre ad esser bravi e professionali, pesi l’entrar nei giri giusti o più semplicemente farsi conoscere, avere una agenzia capace ecc.
    Poi magari è una mera coincidenza, ma alla terza cosa consecutiva (anche se 2 a dir il vero hanno la cosa del ballo che restringe a dir poco il campo) mi sono chiesto se la nostra prediletta fosse entrata nelle grazie della suddetta produzione (buongustai XD XD).

    Anche nel caso dell’agenzia, oltre ad aiutare magari con la parte burocratica dei contratti quali mansioni svolgono?
    In cosa si vede una buona agenzia da una mediocre? Va bene che poi ci sono da fare i provini, e quelli sono.
    Però la sopracitata quanto inciderà, in qualunque senso oltre al semplice comunicarti quali casting si stian svolgendo?
    Non lo so, fosse anche solo nel consigliare cosa provare ad ottenere e cosa meglio scansare?

    Confesso, appunto, di esser totalmente ignorante in materia.
    Però delle volte controllavo se nelle fiction a cui partecipò Aly ci fossero altri nel portfolio della medesima (tipo in “Non smettere…” un paio e passa ricordo ci fossero).
    Ma anche lì non so se conti qualcosa.

    Tutto ciò mi passava vagamente per la testa anche perché ad esempio ho recentissimamente notato che adesso alla Cucchini figuri pure Andrea Montovoli.
    La presenza del quale, magari sono rintronato io, sono piuttosto sicuro non risultasse all’epoca delle due esperienze filmiche che aveva condiviso con la nostra jesina.
    Di nuovo, mi sono chiesto se fosse comunque buon segno o significhi relativamente.

    Boh, chissà…

    • sì, anche io penso alle stesse cose …
      Queste partecipazioni alle produzioni Lux Vide promettono bene e se ci sono produzioni una di seguito all’altra penso che vedremo Alice ancora con questa casa produttrice.
      Ora si parla anche di provaci ancora prof 5 … ci sarà la Grassetti? e la Endemol si ricorderà di Alice?

      Vedremo… per me Alice non può essere dimenticata da nessuna casa produttrice, nè dai registi per i quali ha lavorato.

      E poi ora ha un bel curriculum/esperienza, no?

      Ciao
      Ale

  3. per quanto riguarda l’agente di Alice, mi pare di capire che sia persona di una certa importanza (agente di Bova, Cucinotta, Gassman)
    http://www.film.it/televisione/notizie/consigli-per-aspiranti-attori/

    Da quest’altra intervista forse si capisce qualcosa in più sull’importanza per un attore di essere rappresentato da un buon agente:
    http://www.rbcasting.com/c/journal/view_article_content?article_id=CRISTIANO-CUCCHINI-MANAGEMENT-AGENTE-ATTORI-INTERVISTA-30-08-2010
    Quanto è importante, per un artista, essere rappresentato da una buona agenzia?
    E’ il marchio con cui ti presenti. Se fai parte di un’agenzia rispettata hai una buona credibilità, che poi è la prima chiave d’accesso per i provini. Se chiamo un produttore o un regista per proporgli un attore, per esempio, sicuramente me lo provinano. Altrimenti a cosa sarebbero serviti trent’anni di lavoro? Epperò, proprio in nome di questa credibilità, non mi espongo mai per qualcuno di cui non sono convinto.

    Adesso però rimane la curiosità su “provaci ancora prof 5″… incrociamo le dita….

  4. (grazie del link, visto che c’ero ho pian piano un po’ ripulito l’intervista)

    Cristiano Cucchini: “con gli attori faccio anche lo psicologo”
    Intervista esclusiva a Cristiano Cucchini

    di Marialuisa Di Simone
    Ad accogliermi sull’uscio dell’ufficio, ai piani alti di un palazzo ottocentesco sul Lungotevere, c’è un’affettuosa Jack Russell terrier che non smette di farmi le feste. Cinque minuti di anticamera e il padrone di casa me la presenta. “Si chiama Rita, come la sua mamma – spiega – è il cucciolo della cagnetta di Rita Rusic”. Mentre un’altra cagnolina si rilassa nella sua cesta (ma lei è grande, ha quasi sette anni), Rita scorazza per tutta la stanza e poi si infila tra noi, sul divano. “E’ un’impicciona – ammette papà Cristiano mentre l’accarezza – temo che l’intervista dovremo farla con lei in mezzo”.

    Cristiano Cucchini, dottore in legge, patron di una delle migliori agenzie italiane di spettacolo, la Cristiano Cucchini Management, che rappresenta tra gli altri Raoul Bova, Alessandro Gassman, Gianmarco Tognazzi, Anna Valle, Martina Stella e Stefano Sollima, sarà con tutta la famiglia Gassman alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. L’occasione è l’omaggio al grande Vittorio per i dieci anni dalla scomparsa: il programma prevede la proiezione del film confessione “Vittorio racconta Gassman, una vita da mattatore”, diretto da Giancarlo Scarchilli con la collaborazione di Alessandro Gassman, e della versione restaurata di “Profumo di donna”, capolavoro girato da Dino Risi nel 1974, grazie al quale l’attore ha vinto il premio come miglior interprete maschile a Cannes.

    Negli ultimi anni di attività, l’agente del mattatore genovese è stato proprio Cucchini. “Alessandro me lo presentò una ventina d’anni fa – ricorda – una sera al Caffè della Pace. Non avevo nemmeno trent’anni: quando mi chiese di rappresentarlo fu una bella emozione. Con lui ho seguito gli spettacoli teatrali, le tourne mondiali, gli ultimi film e le pubblicità. Gli spot furono un successo: lanciarono slogan che poi diventarono dei modi di dire abituali. Un giorno mi confidò che da quando era tornato in tv anche i giovani avevano ricominciato a chiedergli l’autografo, da tempo lo fermavano solo i vecchi”. Per Cristiano, entrare in contatto con la famiglia Gassman è stata una grande opportunità. “Sicuramente l’incontro con loro ha segnato una tappa importante della mia carriera – continua – Alessandro era una potenza della natura con un cognome bellissimo, Vittorio era ancora un faro. Grazie a lui ho conosciuto artisti del calibro di Robert De Niro e Dustin Hoffman”.

    Che tipo era Vittorio Gassman?
    Un artista completo e facile. Ricordo bene la serata del Leone alla Carriera (Venezia 1996, N.d.R.): fu un momento emozionante ma anche difficile, perchè negli ultimi anni lottava con la depressione. Era una testa troppo veloce e troppo piena. Alessandro dice sempre che dal padre ha imparato soprattutto l’onestà. E in effetti era una persona meravigliosa, non ti rubava mai più di cinque minuti. Non si parlava addosso e non ti sfruttava. Una volta mi chiese di chiamare Battistoni per due vestiti. Lo stilista mi disse che Vittorio poteva prendere quello che voleva senza pagare. Ma lui non fu d’accordo. A differenza dei divetti di oggi che appena fanno tre pose in televisione pensano che tutti debbano vestirli, il signor Vittorio Gassman non accettava nulla gratuitamente.

    E con Alessandro com’è iniziata?
    L’ho conosciuto al Veleno, nei primi anni Ottanta. Lui era completamente platino per uno spettacolo teatrale che stava facendo con il padre. Aveva diciannove anni e io venticinque: ci ubriacavamo come due cretini, come si fa a quell’età nei locali notturni. Da lì partito tutto. All’inizio abbiamo faticato tanto: Alessandro era bellissimo ma era anche di legno, con un padre e una sorella importanti. Ci ha messo un po’ prima di trovare una strada indipendente da quella di Vittorio. Purtroppo sono aspetti che abbiamo nel Dna: io somiglio a mio padre, lui somigliava al suo, almeno nella gestualità. Inutile contestarlo. Però ce l’ha fatta, adesso ha una bellissima personalità

    A proposito di personalità, lei è stato vent’anni in analisi. C’entra qualcosa con il tipo di lavoro che fa?
    Sicuramente si. Ho scelto l’analisi in parte per la mia vita privata, e in parte perchè costretto da un lavoro che mi porta a interagire con personalità piuttosto sensibili. E’ molto facile che un artista non si renda conto delle difficoltà del mercato, delle sue potenzialità o dei suoi limiti. Accade, per esempio, che ti chiamino solo quando hanno un problema: quando il lavoro va bene è più facile condividere le gioie con l’amico o con la fidanzata. Ecco, allora, che ogni giorno l’agente si ritrova a fare il muro del pianto, una sorta di incudine su cui si riversano tutte le tensioni dei clienti. Insomma, con gli attori faccio anche lo psicologo. Se non mi fossi costruito una struttura mentale abbastanza forte non sarei mai andato avanti.

    Quali sono le qualità di un buon agente?
    L’agente dovrebbe avere le idee chiare sulle scelte. Nel mio caso cerco di contenere gli eventuali rischi di una decisione, tenedo presente che la carriera di un’artista di talento non si ferma mai per una scelta sbagliata. La crescita può avvenire anche attraverso dei prodotti di media qualità o che non vengono bene: Vittorio De Sica diceva che al telefono di casa sua rispondeva lui, perchè non si sa mai da dove può venire il successo. Le scelte devono tener conto delle attitudini di una persona, ma anche delle sue capacità nel reggere un eventuale successo.

    Mi racconta una sua giornata tipo?
    Abitando all’ultimo piano del palazzo, mi tocca venire presto e comunque mai dopo le nove. Siamo in sei, di solito facciamo due riunioni al giorno, una la mattina e l’altra subito dopo pranzo. E’ bene che tutti siano aggiornati su tutto, poi ognuno si occupa del suo settore. Per quanto riguarda il mio lavoro, la mattina mi concentro sui contratti e il pomeriggio ricevo le persone. Purtroppo alcuni appuntamenti sono più noiosi degli altri, ma sto cercando di eliminare chi mi fa solo perdere tempo. Anche perchè, se un cliente ti succhia energie inutilmente, non ti rimangono molte forze da dedicare agli altri.

    Quali sono i problemi che un agente incontra di frequente?
    Quelli legati ai mutamenti del mercato e, di conseguenza, alle tensioni degli artisti. In questo lavoro le regole cambiano spesso, la popolarità quasi mai va d’accordo con un certo tipo di qualità. Chi ha la popolarità vorrebbe avere anche i premi, mentre chi colleziona i riconoscimenti della critica vorrebbe più soldi e fama. Dunque, alcuni attori capiscono che una buona carriera è fatta di cinema, televisione e teatro, altri, dopo aver fatto una lunga serie in televisione si autoconvincono che non saranno più capaci di fare cinema. In più, oggi non è più possibile aiutare gli artisti come si faceva un tempo. Viviamo un’epoca in cui si autodeterminano, ascoltano troppe voci e non c’è più rispetto per l’esperienza degli agenti.

    Gli errori degli attori?
    Mio fratello Franco Alberto, che fa casting, dice sempre che nessun attore può crescere più del suo cervello. Perchè se non cresci come persona non migliori nemmeno come artista. Spesso gli attori non si rendono conto che ciò che gli altri vedono non corrisponde a ciò che loro vorrebbero che venisse fuori. Non a caso, tutti i grandi interpreti hanno sempre detto che si lavora per il pubblico. E invece oggi succede che il primo agente che ti fa una critica costruttiva lo sostituisci con un altro che ti riempie di complimenti.

    I primi passi dell’artista. Che cosa va fatto e che cosa va evitato.
    Prima di tutto l’artista non dovrebbe mai parlarsi addosso. Certo è difficile essere umili: il mio consiglio è che bisogna andare avanti nella convinzione che il giorno dopo si potrà fare meglio, perchè non si finisce mai di imparare. Agli attori dico sempre: non voglio che tu sia il più bravo, voglio che tu metta in ciò che fai più cuore degli altri, più professionalità, più grinta e più sensibilità. E se come cuore sei superiore agli altri e fai gli studi giusti, diventerai anche un attore con maggiore sensibilità. Perché le persone stupide che non sono in grado di capire i sentimenti dopo un paio d’anni passano di moda.

    Che cosa la fa arrabbiare sul lavoro?
    L’attore che dal mestiere chiede soprattutto vestiti e soldi, o ti assilla perchè il suo nome viene dopo quello di un altro. Come dice Marco Bocci, che è tra i miei clienti, l’importante è lavorare, indipendentemente da ciò che si fa. In fondo si tratta sempre di una sfida, con sè stessi e con il pubblico.

    Sono più difficili da gestire le donne o gli uomini?
    Pensavo alle donne, ma mi sono ricreduto. Loro almeno si rendono conto che c’è un limite: mangiare, dormire, un figlio. Al contrario degli uomini, soprattutto quelli italiani che sono stati viziati dalle mamme. E’ difficile che una donna ti chiami di notte o di domenica, mentre un uomo è un pozzo di richieste senza fine.

    Che cosa pensa degli attori che, dopo tanta televisione, non riescono a cambiare genere?
    Penso che dipenda da loro. Non sono credibili perchè si sono identificati troppo nei prodotti che hanno fatto, in pratica la loro recitazione è diventata meccanica. Non succede a quelli bravi come Bova: lui ha fatto tanta fiction, per due anni ha recitato solo al cinema e adesso torna in tv (in autunno porterà sul piccolo schermo la storia del nuotatore Domenico Fioravanti, N.d.R.).

    Com’è nata la collaborazione con Bova?
    In modo bizzarro, ero convinto che fosse completamente stupido. Sua sorella mi mandò alcune foto a sua insaputa. Mi colpì già dal primo appuntamento, e non solo per la bellezza. Raoul ha un carattere affascinante: credo che in vent’anni di carriera, solo tre dei suoi provini non hanno avuto successo. E questo succede perchè lui incanta. Quando l’ho conosciuto era un nuotatore di vent’anni, una mentalità schematica con un gran cuore. Ma era anche un ragazzo che faceva fatica a seguire i ritmi del mestiere. Il primo lavoro (la miniserie “Una storia italiana” di Stefano Reali, N.d.R.) lo girò all’estero, prendeva due soldi e viveva in una stanza senza il telefono. Tutte le sere scendeva al pian terreno della pensione e mi chiamava per informarmi di tutto quello che succedeva. Sicuramente mi chiedeva più attenzioni di quelle che avrei dovuto dargli, ma lui sapeva come prendermi e come ricambiarmi. Perchè a Raoul ha sempre interessato lo scambio: difficilmente ti chiede attenzioni senza restituirtene altrettante.

    Parliamo di lei. Come ha iniziato a fare l’agente?
    Sono figlio d’arte. Prima che nascessi, mio padre era un produttore e mia madre faceva l’attrice. Poi lei aprì un’agenzia a Roma. Negli anni Settanta, con il boom della moda, si buttò nel mondo delle sfilate e della pubblicità: Valentino, Versace, Armani, Ferrè, Moschino. Aprì altre due sedi, una a Milano e l’altra a Barcellona. A diciannove anni mi iscrissi a legge e cominciai a lavorare nella sede di Roma, dove riaprii il settore del cinema.

    Sarebbe diventato un agente se non fosse stato figlio d’arte?
    Assolutamente no, non sono un fanatico di questo mestiere. Per me è un lavoro come un altro: riesco a farlo con grande distacco, perchè in testa ho ben chiara la distinzione che esiste tra l’essere umano e i ruoli. Insomma, sono uno che quando va al cinema riesce prima di tutto a fare lo spettatore.

    Se non avesse scelto questo mestiere?
    Sarei diventato un avvocato. In molti lo considerano un lavoro noioso, io lo trovo affascinante.

    Ha mai avuto momenti di difficoltà in cui ha pensato di mollare tutto?
    Mi succede quotidianamente. Potrei permettermi di ritirarmi anche subito, ma ho ancora qualcosa da fare per alcuni miei clienti che si sono comportati bene e che hanno tutto il diritto di continuare ad essere rappresentati.

    Quali consigli darebbe a chi vuole fare il suo lavoro?
    Meglio lasciar perdere. In Italia ci sono più di cento agenzie.

    Qual’è la parte migliore di Cristiano Cucchini?
    L’approfondimento del carattere. Di un attore mi interessa l’intero percorso e non il singolo progetto. Mi piace pensare che i loro successi dipendano anche dalle mie energie, da quello che ci metto io in termini di sensibilità e di intelligenza. Ecco, mi auguro di essere bravo soprattutto nel mio essere “sponda”, un valido aiuto nella crescita personale. Perchè un grande attore è anche una bella persona. Con Raoul, per esempio, mi comporto un po’ da fratello maggiore e spesso gli faccio domande del tipo: ma sei sicuro che è questo che vuoi? Sei certo di saperlo fare? Non è meglio che ti vai a preparare da qualche parte?

    Quali sono state le tappe più importanti della sua carriera?
    I primi passi con Kim Rossi Stuart, che ho rappresentato per dieci anni, la collaborazione con Alessandro Gassman, dal quale ho avuto tante soddisfazioni e poi l’incontro con Vittorio. Infine ho avuto modo di lavorare anche con Ugo Tognazzi.

    Parlando di incontri lei ha conosciuto anche Madonna…
    Mi chiamò lei stessa per quel famoso spot con Raoul. In realtà lei voleva Alessandro, che aveva visto nel film “Il bagno turco”. Quando mi parlò in inglese con quelle sua vocina, ero convinto di essere vittima di uno scherzo. Alessandro però rifiutò: stava lavorando in teatro e non aveva nessuna intenzione di bucare quattro tappe per Madonna. “Sono il primo nome del cartellone – mi disse – non mando a casa la gente che viene a vedere Alessandro Gassman!”. Con le orecchie basse richiamai Madonna e le proposi Raoul. Lei, curiosa, accettò di prenderlo in considerazione. Le mandai subito tutto il materiale: non ho mai saputo se è arrivata prima la sua telefonata in ufficio o il DHL a Los Angeles. Poi ci siamo rivisti varie volte, ci ha invitato anche a cena a casa sua ed è stata una persona meravigliosa: un’altra di quelle che ti riempie di domande e parla poco di sè. E se le chiedevi perchè era così curiosa, lei ti rispondeva che la sua storia la conosceva già e che si arricchiva solo ascoltando i racconti degli altri.

    Torniamo in Italia. Che cosa pensa dei reality show?
    Possono essere una buona vetrina, come lo era una volta Miss Italia che ha tirato fuori attrici come Sofia Loren e Gina Lollobrigida. Certo, se non hai talento e personalità il reality non serve a niente. Ogni anno non ci si ricorda nemmeno dei vincitori della stagione precedente, salvo di quei pochi che comunque sarebbero venuti fuori. Qualche volta, invece, il reality viene mal considerato e tarpa le ali a qualcuno che le potenzialità le possiede. Non credo che i partecipanti al Grande Fratello siano tutti imbecilli, sono ragazzi che ci provano. Certo, al posto loro cercherei di frequentare una buona accademia.

    Spesso i giovani attori che escono dalla scuole si lamentano perchè non riescono a trovare un’agenzia che li rappresenti e li valuti per le loro effettive capacità.
    Noi siamo un’agenzia quasi sempre aperta alle nuove leve. Certo è necessario avere una faccia interessante, che poi non significa essere per forza Raoul Bova. Di solito chiediamo ai giovani di mandarci un provino: da quello valutiamo se dietro alla bella faccia c’è un bambino che ha imparato una poesia a memoria e la recita senza passione, o se l’attore ha talento anche se non ha frequentato una scuola. Penso che una parte importante del mio lavoro consista proprio nell’offrire un’opportunità, anche se è diventata una fatica biblica. Ormai gli addetti ai lavori vogliono solo l’ovvio: molti cast sono la fotocopia di un prodotto girato sei mesi prima.

    E chi sarebbero i responsabili? I registi o i casting director?
    A volte il casting director ha la colpa di non assumersi la responsabilità per un attore in cui crede. E questo succede perchè i registi, volendo giocare sul sicuro, prendono solo gli attori di cui già conoscono la riuscita. Ormai sono sempre più rari i registi che sono disposti a mettersi in gioco. Ecco perchè spesso, in Italia, ogni interprete ha il suo ruolo e fa quasi sempre quello.

    In che modo la Cristiano Cucchini Management sceglie gli attori della propria scuderia?
    E’ una questione del tutto irrazionale, li scelgo perchè mi piacciono. Non riesco a lavorare con persone che non amo.

    Il gesto più stravagante che ha fatto un attore per conoscerla?
    In senso carino molto poco. In senso brutto tanto e quasi sempre a discapito della morale. Ma io non mi scaldo tanto facilmente…mi scaldo solo quando vedo un certo impegno dall’altra parte e soprattutto una sorta di vocazione per questo mestiere.

    Quanto è importante, per un artista, essere rappresentato da una buona agenzia?
    E’ il marchio con cui ti presenti. Se fai parte di un’agenzia rispettata hai una buona credibilità, che poi è la prima chiave d’accesso per i provini. Se chiamo un produttore o un regista per proporgli un attore, per esempio, sicuramente me lo provinano. Altrimenti a cosa sarebbero serviti trent’anni di lavoro? Epperò, proprio in nome di questa credibilità, non mi espongo mai per qualcuno di cui non sono convinto.

    E con le raccomandazioni come si comporta?
    Il problema dei raccomandati è che vanno di moda due o tre anni, poi non li vuole più nessuno e ti ritrovi con un bidone in agenzia. Se decidi di rappresentarli, devi mettere in conto che quando non lavoreranno più saranno furiosi e se la prenderanno con te. Da parte mia cerco sempre di prenderne il meno possibile: quando è successo sapevo bene che sarebbe stato un rapporto a tempo determinato, che mi avrebbero lasciato non appena avessero esaurito tutto il loro potere. Così è andata e io sono stato ben felice di liberarmene. Del resto una new entry è sempre un motivo di angoscia in più e io devo pensare che i miei clienti campano anche grazie al mio lavoro.

    Quali sono i problemi principali che si incontrano con i contratti?
    Questa domanda mi fa pensare a quegli artisti che si rivolgono agli avvocati. La realtà che l’avvocato cerca di avere il meglio per quel progetto, ma ignora completamente la carriera del rappresentato e i suoi rapporti con il produttore. Le trattative che porto avanti io, invece, anche se molto alte, cerco sempre di chiuderle con il sorriso sulle labbra da parte di entrambe le parti. A volte succede che qualche attore mi accusa di non essere in grado di bluffare: io dico che il bluff può funzionare una volta, poi il produttore mangia la foglia e non ti chiama più

    Qual’è la giusta percentuale che dovrebbe prendere un’agenzia?
    Sofia Loren mi chiama Mister “dieci per cento”, che poi è una vecchia battuta americana. Io penso che sia poco, perchè fino a quando il film o la serie non ha termine l’agente deve comunque stare attaccato al cliente per dargli un supporto. Insomma, in alcuni casi ci vorrebbe il novanta, anche perchè i cachet degli artisti non sono più quelli di una volta!

    Dopo tanti anni di collaborazione si è separato da Francesca Antinori. Che cosa è successo?
    Ha fatto tutto da sola, forse si è resa conto che questa organizzazione non aveva bisogno di lei. Per me poteva anche continuare, ma probabilmente ha capito che i clienti che si rivolgevano a lei erano sempre meno e a quel punto ha scelto di tenerli per sè In ogni modo è successo senza che me ne accorgessi, poi un mio nipote si è liberato da alcuni suoi impegni all’estero ed è entrato in società con noi.

    Il cinema oggi. Di che cosa c’è bisogno per uscire dalla crisi?
    C’è crisi perché quasi tutti i film italiani sono piccoli, noiosi e poveri di idee. Il cinema dovrebbe essere più interessante e soprattutto dovrebbe ricevere più finanziamenti dai privati, come succedeva un tempo, quando in Italia c’era una vera e propria industria. La questione dei fondi pubblici proprio non la capisco.

    Se potesse fare un appello ai produttori?
    A loro non direi nulla, sono dei disgraziati. Invece, prenderei a calci gli autori: nessuno è capace di tirare fuori qualcosa di interessante.

    Che cosa pensa del progetto RB Casting?
    Sono assolutamente favorevole. Spero che diventi un network sempre più capillare e che, dal momento che si rivolge soprattutto agli attori e ai registi, cerchi di fornire loro gli strumenti giusti per crescere. Spero, inoltre, che dedichi sempre maggiore spazio all’internazionalizzazione del mestiere, magari organizzando workshop con registi e sceneggiatori stranieri. Dal punto di vista dell’informazione, invece, sarebbe interessante conoscere i vari aspetti del cinema all’estero, interpellare gli addetti ai lavori, capire se i loro problemi sono gli stessi che abbiamo qui in Italia e come si comportano per risolverli.

    Chi potrebbe essere il suo modello di attore?
    Mi piace molto Sean Penn, è capace di raggiungere l’estremo in ogni suo film. Mi piacciono gli attori generosi, quelli che riescono a dare un carattere e un colore al personaggio.

    E il suo modello di attrice?
    Amo ancora Bette Davis. Quando rivedo un suo vecchio film penso che le altre dovrebbero andare tutte a casa. La trovo straordinaria soprattuto nell’interpretazione delle gemelle in “Chi giace nella mia bara” e poi in “Eva contro Eva”. E’ brava, ma è anche dotata di una personalità e una fisicità fuori dal comune. Se non avesse avuto quegli occhi e quella grinta forse non sarebbe stata così magnetica.

    Come si conquista la fiducia di Cristiano Cucchini?
    Non c’è una formula, è semplicemente metafisica.

    Crede nell’amicizia in questo ambiente?
    No. Però credo nella correttezza, anche se è sempre più rara.

    Qual è stata la sua delusione più grande?
    Non lo dico, non merita la pubblicità che gli faremmo. A distanza di quindici anni, però, mi cita in tutte le interviste. Si vede che non mi ha mai superato.

    E la soddisfazione?
    Sicuramente Raoul. Tra le tante case, ha anche una villa con due piscine a Beverly Hills, tutta comprata con i frutti del nostro lavoro. Quando l’ho conosciuto aveva fatto solo il valletto a “Scommettiamo che?”.

    Il sogno nel cassetto.
    Realizzare un film come produttore con tutti gli attori a cui tengo.

    Un vizio di cui non può fare a meno.
    Voler bene e provare ancora tanta passione. E’ un grosso vizio, perchè alla fine ogni bene riserva sempre una piccola delusione.

    La sua paura più grande?
    Sul lavoro ho paura di stufarmi e di mandare tutti a quel paese. Dal punto di vista personale, invece, ho tutte le paure di questo mondo. Forse la più grande è continuare a vivere con poco amore.

    • Lollo grazie a te della tua partecipazione attiva, con i tuoi contributi. Ho stima dei lettori di questo blog per la partecipazione che non si limita alla visione (con successiva soddisfatta beatitudine) di una foto, ma per la voglia di approfondimento.
      Insieme non solo conosciamo la carriera di Alice e la sua crescita professionale, ma cerchiamo di capire i meccanismi di casting, produzione, lancio e messa in onda delle trasmissioni … cerchiamo di capire le scelte musicali, coreografiche e di costume… cerchiamo in poche parole di conoscere il “Mondo attorno ad Alice”… perchè abbiamo scoperto che Alice è così magica che ci fa piacere anche il mondo che la circonda.
      Pertanto sempre grazie a chi partecipa, dibatte, contribuisce ed approfondisce assieme al sottoscritto. :)

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